Dal
1583 al 1714 nascono in Sicilia un centinaio di nuove terre feudali soprattutto nella parte occidentale ed in
quella centrale dell'isola; dal 1748 al 1798, i censimenti permettono di
identificare dai 20 ai 30 nuovi centri. La struttura urbana siciliana,
caratterizzata da una forte consistenza dell'area demaniale rispetto a quella
feudale, in età moderna varia sotto l'intensificarsi del fenomeno della colonizzazione feudale.
Il
territorio della città di Noto nel corso del Seicento non è coinvolto dal processo
di colonizzazione feudale, infatti, se escludiamo la fondazione di Canicattini Bagni , nel 1680, il
fenomeno è assente nel territorio di Noto, ma è attivo nei primi decenni del
Settecento e dilaga nella seconda metà del secolo. Esso si deve connettere con
lo scontro politico‑amministrativo della prima metà del
'600 e con il sistema originato dal processo di ricostruzione posteriore
al sisma del 1693.
A
Noto, nel XVII secolo, si era registrato lo scontro tra il clan Impellizzeri
ed il clan Landolina‑Deodato‑Sortino, che
si era concluso con posizioni di equilibrio che esulavano da forme di
frammentazione politica dai tratti autonomistici e
tali da portare alla spartizione degl’interessi e del potere in modo non
conflittuale e da garantire e mantenere, nel corso del '
Infatti,
nessuna famiglia dell'oligarchia netina nel corso del '600 era riuscita ad avviare un processo di colonizzazione
nei propri feudi.
Tale situazione rimane
invariata fino al 1693, ma nel decennio successivo al sisma, Noto, impegnata
nel processo di ricostruzione, non riesce a bloccare il secolare piano di colonizzazione dei Platamone sul
feudo Imposa, che nel 1712 porterà alla nascita della
Terra di Rosolini.
Negli anni cinquanta
del Settecento il fenomeno della colonizzazione feudale
si diffonde nel
territorio netino non solo nella fascia costiera nei
feudi di Scibini, Bimisca, Maucini e Bugio, ma
anche nella parte
interna nei feudi di
Cammaratini e Carcicera.
La
richiesta e la concessione dello ius populandi evidenziano una mutata gestione del potere.
Infatti, negli anni cinquanta del Settecento la politica di equilibrio
e di chiusura che durante il '
Il
fenomeno della richiesta e della concessione dello ius
populandi nella seconda metà dei Settecento, se
assumiamo la prospettiva della distribuzione del potere e dei
dominio tra la nobiltà netina, apre la
possibilità ad una rilettura della storia sociale e politica di questa
comunità: le famiglie Landolina‑Deodato-Trigona
monopolizzano tutte le richieste di íus populandi. Pertanto, la colonizzazione
feudale nel territorio netino, nel secondo
Settecento, si deve far rientrare nella logica di divisione e controllo del
potere che trova nella forma dell'autonomismo territoriale lo strumento
giuridico principale.
Le
concessioni dello ius populandi
determinano il cambiamento della geografia dell'agro netino,
in quanto portano alla fine del diciottesimo secolo e nei primi decenni del
diciannovesimo secolo, nella fascia costiera tra le tonnare di Marzamerni e Capo Passero e dei porti di Portopalo e della
Marza, alla fondazione di due nuove Terre feudali: Pachino e Portopalo .
Il presente intervento vuole chiarire alcuni momenti ed alcune incognite della fondazione della Terra di Pachino.
Cercherò, pertanto, di tracciare la storia della fondazione di
questa Terra dal 1756 al 1770, grazie alle fonti di carattere civile ‑le
lettere dei giurati di Noto, i libri rosso e giallo e l'archivio della famiglia
Starrabba, marchesi di Rudini.
Grazie al considerevole apporto di questo materiale documentario è stato
possibile uscire dal vago e dal generico, distinguendo la tradizione popolare e
le credenze da affidare alla narrativa, dai dati documentati e documentabili,
seguendo anno dopo anno i problemi della nuova Terra e pervenendo ad una
lettura abbastanza organica ed omogenea di quel quindicennio cruciale che porta
alla fondazione di Pachino.
Il principe di Giardinelli, don Gaetano Starrabba e Calafato il 24 aprile 1756 inoltra una carta al viceré
sollecitando la concessione di fare una
popolazione nella sua baronia di Scibini . Il viceré Fogliani, a seguito della
consulta del Tribunale del Real
Patrimonio, accorda la grazia l'8 maggio 1756 e dà comunicazione al principe,
con il dispaccio del 26 maggio dello stesso anno.
La nuova Terra, chiamata Pachino, sorgerà nel feudo di Scibini
a due miglia di distanza dalla costa, sarà popolata da greci cattolici che
giungeranno nel feudo dall'Albania o da altra parte della Grecia o dall' illirico a spese del
feudatario. I coloni godranno, per un periodo di 25 anni, della franchigia
delle tante e donativi ordinari e straordinari, ma,
trascorso questo periodo, saranno soggetti a tutte le tasse come gli altri
cittadini del regno. L'Università di Noto continuerà a percepire la gabella del
macino in quella quantità e qualità che al presente la percepisce.
Qualche anno più tardi, con una lettera
dell'aprile 1758, il principe torna a chiedere di poter fare una popolazione
per assicurare la coltivazione del feudo Scibini,
allora quasi incolto anche se parzialmente abitato dai coloni. Il 26 agosto
1758, il re concede al Principe di Giardinelli per la
seconda volta lo ius populandi
sul feudo. Il dispaccio del 1758 lascia invariate le clausole relative alla distanza dalla costa, alla nazionalità dei
nuovi coloni, ma precisa che le nuove popolazioni, tanto gli albanesi, quanto i
greci saranno sottoposti al mero e misto imperio con restar illesa alla città
di Noto la giurisdizione del mero e misto impero ( .... ) di maniera che al
presente la gode e di poterla sempre esercitare tanto nel civile che nel
criminale sopra l'altre persone che non siano Albanesi o Greci o suoi
discendenti. Le gabelle continueranno ad essere versate all'Università di Noto,
ma, nel caso in cui si registrerà un aumento dovuto alla nuova popolazione, il
Tribunale del Real Patrimonio intese le parti della
città di Noto ( ... ) e del principe di Giardinelli
esaminerà il contraddittorio suddetto e deciderà conformale sentenza se il
futuro eventuale aumento di tali gabelle derivate di talune nuove popolazioni appartenga o no alla giustizia di detta città di Noto .
I giurati di Noto spediscono, nell'agosto 1759,
una lettera al vicerè in cui dichiarano l'illegittimità
di tale concessione, data dal vicerè senza il previo esame delle ragioni di
questa università e si oppongono alla costruzione di Pachino per non venir
pregiudicata la sua potenza, per non arguire la spopolazione
di detta università e per la minorazione delle gabelle in sommo pregiudizio
della reale azienda.
Il 1° dicembre 1760 il Principe di Giardinelli riceve l'esecutoria del Real
Diploma con la facoltà di popolare di Greci Cattolici il feudo di Scibini, in seguito alla quale versa al regio erario la
somma di 1.000 ducati.
Nella
fase di progettazione della Terra, per evitare il conflitto e per puntare
invece su una larga convergenza nella classe dirigente netina,
gli Starrabba potevano contare a Noto sull'intesa
politica, sull'appoggio e sulla collaborazione dei Trigona
e dei Di Lorenzo. Noto si oppone al piano di costruzione della Terra e cerca di
difendere le proprie prerogative giuridiche e fiscali con l'esito di ritardare
l'iter di autonomia territoriale di Pachino. L'opposizione dell'Università di
Noto è motivata dalla sottrazione di popolazione che indeboliva la base impositiva su cui si reggeva il sistema del prelievo
urbano, inducendo di conseguenza ad un tendenziale declino del gettito delle
gabelle. L'opposizione alla costruzione di Pachino
coinvolge anche la chiesa locale. Il parroco di San Nícolò
di Noto invia
una lettera al Tribunale del Real Patrimonio in cui
dichiara che l'attentato del principe di Giardinelli
è lesivo tanto alla cura delle anime, alla giurisdizione mia soggetta e ai
reali interessi ed al patrimonio di questa città, non meno che al buon regolato
governo delle città tutte di questo regno.
Nel
dispaccio del 1756, confermato dal dispaccio del 1758 e rivendicato
dall'esecutoria del 1760, il sovrano ha disposto che la nuova Terra fosse
popolata con gente non soggetta al dominio del Nostro Regnante ma di religione
cattolica. Ma, nel 1761, il Principe vede arrivare nel feudo di Scibini molte famiglie albanesi e maltesì
ed inoltra formale richiesta al Tribunale del Real
Patrimonio allorché siano considerati come gente che
costituisce habitatione . La richiesta dei principe
è accolta e tutti i coloni giunti e che giungeranno nel feudo di Scibini ‑ i greci, gli albanesì
ed i maltesi ‑ godono di tutte le esenzioni che il sovrano ha accordato
al momento della concessione dello ius populandi. Nonostante tutto, Noto continua il piano di ostruzionismo nei confronti dei principe e della Terra di
Pachino, contestando la giurisdizione del mero e misto impero.
La
giurisdizione dei mero e misto imperio nel dispaccio
del 1756 veniva concessa sopra l'albanesi e greci che verranno a popolare ( ...
) e sopra i Siciliani che colà verranno ad abitare e con il dispaccio del 1758 era stata
concessa al principe in modo stretto e circoscritto sugli albanesi e sui greci,
ma nella cedola dei 1760 tale giurisdizione era estesa non solo alle persone
che venissero in quella nuova popolazione, ma a tutta qualsivoglia sorta di
gente che si trovasse nella Terra. Lo scontro diventa inevitabile. Il principe
considera un suo diritto esercitare la giurisdizione su tutta
l'agente e tutte le terre del feudo; d'altra parte l'università di Noto
rivendica tale diritto da sempre riconosciuto e chiede il ripristino di quanto
era stato stabilito nel dispaccio del 1758. La controversia è rimessa al
Tribunale del Real Patrimonio che, con la consulta
dei 25 marzo 1762 precisa che discorse e disputate tanto le pretese del
Principe e le ragioni dell'università di Noto si informa
a sentenziarsi da parte del Tribunale del Real
Patrimonio in che
Nel giugno 1767 il principe di Giardinelli è accusato dal marchese di Spaccaforno Francesco Maria Statella quod initium detta populationisfuit a detto III. Principis facta
cum siculis personis et
successive populatio est ampliata
cum gentibus collectis . A queste accuse si
aggiungono quelle dei nobili netini che, nel novembre
L'ispezione
del funzionario del Tribunale del Real Patrimonio è
eseguita il 16 maggio 1768 ed ha il compito di controllare il numero degli
abitanti, la loro città di provenienza, da quanto tempo dimoravano nella nuova
Terra e se la loro famiglia era composta da persone regnicole, di greci cattolici, o di gente proveniente
dall'Albania. Il Delegato rimette, in data 2 giugno 1768, al Tribunale dei Real Patrimonio il plano delle
famiglie forestiere e Siciliane oggi esistenti in Pachino colla distinzione del
luogo da dove ritraggono la loro origine e da qual tempo incominciarono ad
abitare la nuova Terra di Pachino. La relazione del Delegato salva
giuridicamente la legittimità della Terra fondata ed abitata da 47 fuochi
esteri, giunti nella terra in momenti diversi:
Nel
giugno 1768, Pachino ha così ottenuto e difeso
l'autonomia territoriale e giurisdizionale sull'intera popolazione residente,
ma si trova in una situazione assai contraddittoria: giuridicamente è
indipendente da Noto e fiscalmente è soggetta ai controlli da parte della
medesima università. Lo ìus populandi
sul feudo Scibini nel 1756 è stato accordato a
condizione di non dover detta nuova popolazione recar pregiudizio alcuno alla
città di Noto e, quindi, l'Università di Noto deve continuare a percepire le
gabelle come fissato dal Dispaccio del 1759 e confermato dal Dispaccio
del 4 ottobre 1771.
Noto,
dopo la relazione del Delegato, prende atto dell'esistenza giuridica della
nuova Terra, e cerca come può di limitare, i privilegi ed i benefici di tipo fiscale
di cui poteva beneficiare il principe di Giardinelli, proprietario della terra di Pachino.
Da
questo momento in poi Pachino avrà una storia autonoma
ed indipendente dall'antica città demaniale e riuscirà a mantenere tale
autonomia anche dopo la soppressione della feudalità.
CENNI BREVI
Il Promontorio di Pachino
si è formato nel periodo del Cretaceo, circa 80.000.000 di anni fa, come è
stato accertato e datato scientificamente dai geologi con il metodo del
carotaggio.
1)
Pachino attraverso i tempi
Sicuramente il
"Promontorium Pachyni"
fu abitato sin dai primi momenti in cui l'HOMO SAPIENS fece la sua comparsa
sulla terra, ma dato il gran lasso di tempo sono
rimasti solamente pochi indizi.
Quello che certo è che l'uomo è apparso e vissuto sul nostro territorio
circa 10.000 anni fa durante la cultura del Paleolitico Superiore (36.000/8.500
A. C.), abitando la
grotta Corruggi e lasciando moltissimi reperti
archeologici, che si trovano conservati in gran parte presso il Museo di
Siracusa, quali raschiatoi, coltelli, lance, punteruoli, aghi, ecc., ma anche
in altri Musei in tutto il mondo. In questo periodo l'Homo Sapiens usa armi
solamente in pietra, vive in caverne o grotte naturali e vie solamente di
caccia e pesca.
Nel periodo del Mesolitico (10.000/8.000 A.C.)
l'Homo Sapiens incomincia ad usare ad usare attrezzi anche in ferro, continua a
vivere nelle grotte (Grotta del Fico), ma si dà alla pastorizia ed all' agricoltura. Usa la macina per i cereali.
Dalla grotta Corruggi e del Fico, durante il periodo neolitico
(8.000/1500 A.C.), l'uomo passò all'inizio a vivere
nelle grotte di Calafarina e successivamente,.nel periodo del ferro e rame
prima e del bronzo poi, fini all'arrivo dei Siculi, l'uomo si spostò nella
vicina zona denominata " Cugni di Calafarina" creando villaggi e necropoli, un dolmen
per i defunti ed un forno sotterraneo per la lavorazione dei metalli, i cui
resti, portati alla luce da Paolo Orsi, sono tuttora ben visibili e
discretamente conservati.
In questo periodo l'uomo ha appreso il culto dei morti usando un dolmen per la
loro sepoltura e quindi utilizzando delle tombe a forno di cui
ne sono state portate alla luce fino adesso circa una trentina.
E' in questo periodo che l'Homo Sapiens ha abbandonato la pietra ed ha
incominciato a lavorare ed usare in successione il ferro, il rame ed il bronzo.
Ha imparato a costruire capanne, ad accendere il fuoco per cucinare i cibi e ad
usare i forni per sciogliere i minerali.
Come già detto,
nel periodo dal 1.500 al
Con l'arrivo dei Greci, questi dopo avere fondato delle colonie lungo le coste
(Naxos, Siracusa, ecc.) incominciarono a spingerli
sempre più verso l'interno togliendo loro le terre
migliori.
Nel IV secolo A.C. il
comandante Ducezio di Noto chiamò a raccolta i Siculi
contro gli invasori ma fu battuto nel territorio dell'attuale città di Sortino, la qual cosa provocò la fine di un popolo e della
loro civiltà.
Successivamente il territorio di Pachino fu abitato da Fenici, Punici, Greci (
Nel periodo ellenistico, in particolare furono edificati templi (uno è certo fu
dedicato ad Apollo Libystino, come ci ha lasciato
scritto Macrobio, mentre di un tempietto agreste
votivo se ne vedono ancora le basi in contrada Cugni)
e furono tracciate le rotaie della via Elorina (che sono tuttora ben visibili quelle sulla roccia
sempre in contrada Cugni, zona che per l'alta
concentrazione di resti antichi può a ragione essere definita parco
archeologico) e fattorie (vedi Maucini e relativo
acquedotto inziato dai greci e terminato dagli Arabi,
che lo storico Filippo Garofalo nel suo libro
"Pachino e i suoi dintorni" pubblicato nel 1877 lo definisce
"ammirevole".
Fu in questo periodo che il Promontorio di Pachino
ebbe questo nome e di conseguenza
Infine secondo il Figura dal greco PAXEIA NESOS e cioè
"Isola dalla larga circonferenza" riferita all'isola di Capo Passero
per distinguerla dalle vicine ma molto più piccole isole del territorio quali Vendicari, l'isola piccola di Marzamemi
e l'isola grande del porto di Pachino e delle Correnti, quando gli antichi
navigatori del Mediterraneo mettevano piede sul territorio per i relativi
rifornimenti.
Dopo i Romani,
che sempre in contrada Cugni hanno lasciato i resti
di un villaggio del 3° - 4° secolo d.c., sul territorio di Pachino arrivarono prima i Bizantini
(dal 300 all'800 D.C.) (vedi basilichetta di San
Lorenzo) e quindi gli Arabi (dall'800 al 1090 D.C.), che cambiarono il nome
della punta del Promontorio di Pachino da Caput Pachini
a Capo Passero ed i Normanni.
Gli Arabi non solo diedero il nome a Marzamemi (da Marsa al amen =
Rada delle tortore) e vi installarono la tonnara, che è stata funzionante fino
agli anni '50, ma arricchirono l'agricoltura con la coltivazione degli agrumi,
bonificarono le campagne, completarono il mirabile acquedotto presso
Con i Normanni,
Spagnoli e Francesi arrivò, invece, la decadenza e la
suddivisione del territorio in feudi. A questo periodo risalgono le
fortificazioni di Torre Xibini e Torre Fano contro le invasioni piratesche dei Turchi e da questi ridotte in rovine.
2) Resti antichi dei vari insediamenti nella Zona Cugni
· Grotta Corruggi
(periodo paleolitico)
· Grotta del Fico (Periodo mesolitico - mesolitico)
· Grotta Calafarina
(Periodo neolitico)
· Necropoli (tombe a forno), dolmen e forno
(Periodo neolitico)
· Basamenti di capanne (Periodo neolitico)
· Vallate simili ad UADI
· Tempio greco (basamento per le colonne) -
III secolo D.C.
· Fosse per la raccolta delle acque piovane
(Periodo paleolitico)
· Villaggio Romano - III o IV secolo D.C.
3) Pachino attuale
La storia
dell'attuale Pachino ha inizio quando nel 1734 gli Starrabba di Piazza Armerina, proprietari dei feudi Scibini e Bimmisca e come tali
aventi il titolo di baroni oltre a quello di principi di Giardinelli,
decisero di risiedere sul territorio per meglio curare i loro interessi ed al
fine di acquisire pure il titolo di conte. A tal fine i fratelli Gaetano e
Vincenzo Starrabba chiesero a Carlo III di Borbone prima (1758) ed a Ferdinando I (1760) poi
l'autorizzazione a fondare una città, decreto che fu emesso a Napoli in data
21/7/1760 e che fu reso esecutivo in data 1/12/1760.
Pur essendo una
città relativamente giovane, essa ha dimostrato per merito dei suoi fattivi
abitanti, in origine provenienti in gran parte dalla vicina Malta e successivamente dai Comuni viciniori come Modica, Scicli, Rosolini, Ispica e per quanto riguarda Marzamemi
da Avola, Augusta e Siracusa, di avere saputo
raggiungere in breve tempo livelli economici e culturali di rilievo. Infatti, attualmente in agricoltura, in maggior parte in serre ma
anche a pieno campo, il ciliegino denominato
"Pachino" (protetto dal marchio IGP), il pomodoro costoluto
ed il melone cantalupo ( di due tipi : retinato e
liscio) dominano i mercati mondiali del settore oltre che per il gusto
dolcissimo anche per le elevatissime proprietà organolettiche in essi
contenuti.
Da qualche tempo è rifiorita e prende sempre più vigore la coltivazione della
vite ( la viticultura di Pachino si basa sulla
coltivazione del Nero d'Avola che costituisce il
vitigno principale per la produzione del DOC Eloro,
nella sottodenominazione Pachino) e dell'olivo.,
mentre è in piena espansione la coltivazione dei primaticci in serre e dell'ortofrutta destinata alla ristorazione.
Visitando Marzamemi si possono inoltre assaggiare
alcune specialità tipiche della zona ed in particolare i prodotti ittici
conservati quali bottarga, filetti di
acciughe, salsicce di tonno, sardine sotto sale e così via.
4) Aspetti fisici
Posto a
Altra località
molto frequentata sia dai locali che dai forestieri è
la borgata di Marzamemi sia anch'essa per le spiagge
sabbiose che per il pesce fresco pescato da una flotta peschereccia tuttora
molto consistente. Marzamemi fu edificata dagli
Arabi, di cui rimangono ben conservate le "Casuzze arabe" e relativo cortile costruiti oltre 1000
anni fa mentre l'attuale Marzamemi risale
ufficialmente al 1752 quando furono edificati dal Principe di Villadorata il Palazzo,
Gli appassionati del mare qui possono soddisfare i loro hobby, per quasi tutto
l'anno, sia con la pesca subacquea di pesci pregiate
quali l'orata, il sarago, la cernia, la spigola, l'aragosta, la seppia ed il
polpo oppure a bolantino, con le reti o con il conzo, sia facendo surf o vela perché i venti sono sempre
favorevoli spirando quasi costantemente da levante o da ponente.
5) Personaggi
Molti personaggi
che hanno contribuito all'unità d'Italia o a dare lustro alla città sono nati e vissuti a Pachino. L'avvocato Diego
Arancio, carbonaro prima e mazziniano dopo, fece
insorgere Pachino contro i Borboni nel 1837,
riparando poi in esilio a Malta per essere stato condannato a morte. La città
partecipò pure ai moti del 1848 mandando come deputato a Palermo il dott.
Raffaele Garrano dando alla patria un altro uomo di grandi ideali Antonino Adamo. Dopo l'indipendenza Diego Arangio fu Viceintendente alla
Provincia di Noto (dal 1860 al 1862).
Altri personaggi
illustri degni di essere citati sono il dott. Francesco Garrano,
il marchese Antonio Starrabba (due volte capo di Governo
e Sindaco della città di Palermo in età giovanissima). Michelangelo
Bartolo ( insigne matematico e Provveditore agli Studi), Vitaliano Brancati (scrittore e drammaturgo di fama mondiale), Enzo
Lauretta ( scrittore e saggista), ecc.
Tra i personaggi
che invece sono approdati sul territorio di Pachino
bisogna citare Ulisse, Enea, i Ciclopi, San Paolo, Santo Elia, Santo Ilarione,
Santo Ambrogio, mentre la storia antica vi ha allocato Cerere
(o Demetra), Proserpina,
Eolo, Bacco.
6) Storici
Molti gli storici
ed i poeti che hanno scritto o cantato di Pachino quali:
7) Fauna e flora
Sul territorio
di Pachino sono vissuti o hanno fatto la loro
apparizione sin dai primordi i seguenti animali:
mentre
attualmente il territorio è abitato da una grande varietà di animali ed uccelli
stanziali e migratori , specialmente quest'ultimi in
prossimità delle zone umide che si trovano sul territorio e di grande valore
per le ricerche naturalistiche, quali